A. Griffiths, “The print before photography. An introduction to European Printmaking 1550-1820” (2016)

Antony Griffiths, The print before photography. An introduction to European Printmaking 1550-1820, London, British Museum Press, 2016.

di Blanche Llaurens (traduzione di Cecilia Matteucci)

Frutto di circa quarant’anni di lavoro passati al servizio della storia della stampa, questo volume, composto di trentuno capitoli che si sviluppano in circa trecento pagine, è stato redatto da Antony Griffiths, Keeper del dipartimento di Prints and Drawings del British Museum per venti anni (dal 1991 al 2011) nel corso di un pensionamento anticipato interamente dedicato alla scrittura. Prendendo in considerazione circa quattro secoli di produzione di opere incisorie, l’autore – dando prova di una conoscenza quasi enciclopedica – offre un’opera di riferimento per tutti gli studenti ed i ricercatori che fossero interessati alla stampa antica. Questo volume si rivolge anche ad un pubblico meno esperto – ed è un punto sul quale l’autore insiste – che potrà utilizzare questa pubblicazione come un dizionario grazie alla propria organizzazione tematica; ogni capitolo è stato infatti concepito come un saggio e la lettura di ogni scritto può farsi indipendentemente dagli altri. Tre parti del libro affrontano l’argomento dellla produzione delle stampe, del loro commercio a scala europea e infine dell’uso e della percezione dei fogli stampati da parte del pubblico; l’autore sviluppa queste sezioni con rigore ed acutezza attingendo ad una grande quantità di testimonianze contemporanee, con particolare attenzione alle pubblicazioni francesi del XVIII secolo. Usando uno stile chiaro e diretto il libro di Antony Griffiths offre al lettore la possibilità di entrare nella boutique di un mercante di stampe soffermandosi con precisione sui differenti aspetti tecnici e commerciali che caratterizzano la vendita di stampe nel corso dell’Ancien Régime.

Una stampa è il risultato di un insieme di competenze tecniche differenti e quindi del lavoro di persone diverse. Dopo aver presentato i materiali principali per la realizzazione di une stampa, l’autore presenta ciascuna tappa del lungo processo di fabbricazione. Si ripercorre dunque il procedimento per cui un disegno è trasferito su una lastra, fino a illustrare in che modo una matrice possa durare più a lungo nel tempo. Così numerosissime informazioni tecniche, molto concrete, immergono il lettore nell’officina di un incisore. Vengono poi presentate altre figure, la cui attività viene generalmente dimenticata: quella dell’incisore di lettere oppure quella dello stampatore. In seguito vengono evocati degli aspetti singolari che caratterizzano l’arte della stampa, questa volta presenti nelle iscrizioni, come i privilegi e le dediche che offrono la possibilità di conoscere le relazioni che gli attori dell’incisione intrattenevano con il proprio pubblico, ma anche i propri colleghi e rivali. La problematica delle copie, la cui produzione interessa la maggior parte del commercio della stampa, permette anche di affrontare il tema delle diverse pratiche commerciali alle quali i mercanti di stampe facevano ricorso. Le copie avevano infatti la particolarità di essere realizzate con grande rapidità e con un costo di produzione estremamente contenuto. Con l’idea di ridurre le spese sostenute al momento dell’ordine di un modello disegnato che sarà poi tradotto su rame, la maggior parte dei mercanti sceglievano di acquistare delle matrici di seconda mano presso i propri confratelli.

Benché ampiamente prodotte e diffuse, oggi poche stampe ci sono pervenute a causa dell’uso che ne veniva fatto. La maggior parte dei fogli che noi oggi conosciamo provengono dalle collezioni di amatori che sono in seguito entrate nelle collezioni museali. Il capitolo dodici tratta della sopravvivenza di queste opere che sono state oggetto di uso quotidiano. Stampe utilizzate in modo alquanto curioso e affascinante, talvolta anche imprevedibile come nel caso dei ventagli fatti di fogli incisi, oppure di trottole o, ancora, di immagini di teschi incollate su legno, su fondo nero, per essere probabilmente affisse sulle porte delle case delle persone colpite da peste, offrono una panoramica delle differenti funzioni che questi fogli potevano ricoprire. Le stampe a colori venivano anche utilizzate come elementi di decoro ed erano esposte alle pareti. In altri casi potevano rivestire i coperchi delle scatole o essere attaccate attorno ai camini.

Esaminando, nella seconda parte del libro, il mercato europeo delle opere a stampa, Antony Griffiths torna a trattare dei diversi centri della stampa e del ruolo delle dinastie degli incisori in ciascuno di questi centri; si sofferma anche sull’importanza delle alleanze e delle amicizie come pure sull’aspra competizione esistente tra i mercanti. Ricchi di esempi europei diversi, i primi capitoli presentano mano a mano le diverse figure coinvolte nella produzione e nella distribuzione delle stampe. Si illustra in questo modo il percorso tipo dell’incisore: dall’apprendistato presso un incisore più esperto, in genere a capo di una boutique, alla conquista dello statuto di artista fino alla scelta tra vendere direttamente le proprie creazioni o affidarle a un editore incaricato di diffonderle sul mercato. Alcuni decidevano di collaborare con dei pittori e si occupavano loro stessi della promozione delle proprie opere. Nel caso in cui fossero anche editori, era piuttosto frequente che assolvessero diversi ruoli, in quanto l’incisore doveva necessariamente possedere un numero considerevole di matrici. Doveva inoltre essere capace di pubblicare nuovi rami e di acquistarne degli altri facilmente commercializzabili. Avere dei buoni soci e stringere rapporti d’affari con altri mercanti faceva parte del lavoro di un editore di stampe. Le diverse strategie commerciali messe in pratica dagli editori sono studiate nei capitoli diciassette e diciotto. Questo spirito imprenditoriale è, per esempio, ben testimoniato dai metodi di vendita all’estero. Gli incisori dovevano infatti diventare capaci di sviluppare una larga rete di distribuzione di stampe facendo appello alle proprie conoscenze oppure facendo ricorso a degli agenti che li rappresentassero in occasione delle fiere. L’esportazione e l’importazione dei materiali, lo scambio delle matrici e i flussi delle opere sono alcuni dei soggetti trattati in questa parte del libro, nella quale l’autore desidera anche dare spazio alle possibili forme di finanziamento di questi imprenditori. Se le dediche che si trovano sulle matrici hanno lo scopo di suscitare l’interesse di possibili committenti, esse erano anche una delle fonti di introito più promettenti. Altri metodi erano utilizzati per attrarre nuovi clienti, come la pubblicazione di volantini pubblicitari, dépliants o di liste di opere esistenti presso i mercanti.

In effetti è difficile definire esattamente la figura del mercante dal momento che essa poteva rivestire allo stesso tempo ruoli differenti con caratteristiche diverse. Il volume di Antony Griffiths permette di fare il punto sulla figura del mercante mettendo il luce le sue diverse peculiarità. Per questa ragione, ad esempio, l’autore parla della categoria dei mercanti che vendevano stampe le cui matrici fossero o perdute o inutilizzabili: in tale caso si trattava di «antiquarians». A seconda dei diversi mercati, si definivano diversi gradi qualitativi di una stampa: dalla più raffinata per la quale Griffiths impiega il termine olandese ‘constprenten’, alle stampe vendute ad un prezzo modico, per le quali utilizza la locuzione francese ‘demi-fine’. Al livello più basso del mercato si trovano quelle stampe commercializzate da coloro che in Francia erano definiti «colporteurs» e che percorrevano le strade di campagna per diffondere le incisioni in modo capillare nel territorio. Il termine di ‘cheap print’ o stampe a buon mercato, viene preferito a quello di ‘estampe populaire’ che fa riferimento alle opere rappresentanti un soggetto considerato adatto per un pubblico meno colto. Era già stato possibile notare come queste stampe dette popolari erano invece molto diffuse ed apprezzate anche da collezionisti eruditi.

La terza ed ultima parte del volume è invece dedicata all’utilizzo e al gusto delle tecniche di stampa. Antony Griffiths descrive le differenti funzioni delle incisioni ed in particolare il loro ruolo di sussidio all’insegnamento soprattutto per le discipline insegnate in classe come la grammatica, l’aritmetica, la retorica o la dialettica ma anche nello sviluppo del gusto nei confronti delle arti presso i giovani. Le stampe da decorazione erano invece soprattutto fonte d’ispirazione per i creatori di orologi e gioielli. Per quello che riguarda le stampe di soggetto storico, esse costituivano una propaganda efficace e creavano una corrispondenza tra le gesta eroiche del Re ed i personaggi della corte. Questa terza parte precisa anche i diversi modi di collezionare e conservare le immagini a stampa nel corso dei secoli, problematica attorno alla quale l’autore ha pubblicato numerosi suoi studi. Lo sviluppo della connoisseurship e la pubblicazione di scritti su l’incisione di cui la prima è quella di Vasari a proposito del lavoro di Maso Finiguerra, permettono di cogliere quel poco interesse che verrà rivolto all’arte della stampa prima della fine del XVII secolo ed in seguito di maniera sempre più significativa a partire dalla seconda metà del XVIII secolo.

Questo eccellente volume che racchiude più di trecento illustrazioni ha ricevuto premi da istituzioni prestigiose come la rivista «Apollo» che gli ha conferito il riconoscimento di libro dell’anno 2016, la British Academy che gli ha attribuito la British Academy Medal il 27 settembre 2017 o ancora l’associazione dei mercanti di stampe di New York, la IFPDA, presso la quale l’autore si è visto consegnare un book award – rende un bell’omaggio alla collezione alla quale l’autore ha consacrato tutta la propria carriera al dipartimento delle stampe del British Museum.
L’opera di Antony Griffiths rappresenta infatti senza dubbio una pietra miliare nella letteratura della storia della stampa.