Geoffrey Belknap, From a Photograph. Authenticity, Science and the Periodical Press, 1870-1890, London, New York, Bloomsbury Academic, 2016.

di Silvia Massa

«A partir d’aujourd’hui, la peinture est morte». Erano in tanti a pensarla così, negli anni immediatamente successivi all’“invenzione” della fotografia. Ma le tecniche fotografiche hanno impiegato quasi un secolo prima di sostituirsi completamente all’incisione nel campo della riproduzione di immagini. Come è noto, infatti, fino all’introduzione dei processi fotomeccanici negli anni Novanta dell’Ottocento, l’immagine fotografica non poteva essere usata come matrice per la stampa: motivo per cui era necessaria la sua traduzione in rilievo, per mano di disegnatori e incisori che intervenivano manualmente sull’immagine stessa. Quale credibilità poteva avere, quindi, un’immagine così ottenuta, agli occhi dei lettori dell’epoca? Questa è una delle domande a cui il libro From a Photograph cerca di dare risposta.

In questo studio, Geoffrey Belknap (che da ricercatore dell’Università di Leicester è recentemente approdato al National Science and Media Museum di Bradford come curatore) esplora il tema dell’autenticità delle immagini realizzate, appunto, a partire da una fotografia e pubblicate nei periodici illustrati dell’Inghilterra vittoriana, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento. Gli estremi cronologici dell’analisi di Belknap (1870-1890) racchiudono anni cruciali per l’evoluzione del rapporto tra automatismo e oggettività; ne è una prova l’emblematica dicitura «from a photograph» che accompagnava molte illustrazioni di fine Ottocento: questa indicazione valeva al tempo stesso come presunzione di oggettività, un’ammissione di metodo che tuttavia, per forza di cose, richiedeva un intervento manuale, inevitabilmente interpretativo.

Il volume è diviso in due parti. Nella prima, intitolata Placing Trust in Photographs, Belknap analizza l’uso della fotografia nei periodici illustrati, sia in quelli popolari (quali «The Illustrated London News» e «The Graphic»), che in quelli scientifici («Nature», «Astronomical Register» e «Knowledge»). L’autore tiene conto della nozione di chain of reference di Bruno Latour, della connessione tra testo e immagine discussa da W.J.T. Mitchell e del concetto di serialità proposto da Nick Hopwood e da Chitra Ramalingam.

La seconda parte del libro è divisa in tre capitoli. Ognuno di essi presenta un caso di studio che mette in luce diversi aspetti della produzione e della circolazione dell’immagine fotografica in precise circostanze: l’uso dei mezzi di comunicazione durante l’assedio di Parigi nella guerra franco-prussiana (microfotografia che permette lo spostamento di informazioni nello spazio); la riproduzione fotografica dell’istante e la sua diffusione nella stampa periodica; il transito di Venere nel 1874, catturato con mezzi fotografici (fotografia come rappresentazione e come comunicazione).

In conclusione, Belknap dimostra che un’analisi degli sviluppi tecnologici della fotografia non è di per sé sufficiente per comprendere la portata del mezzo fotografico in rapporto ai temi di oggettività, autenticità e credibilità dell’immagine. Lo studio dei periodici illustrati, specialmente quelli di taglio scientifico, si rivela invece un ambito di indagine molto più promettente, poiché in quelle pagine l’immagine fotografica non è solo riprodotta ma è anche prodotta e discussa a livello concettuale.

Il libro, che indaga un campo ancora abbastanza inesplorato, si offre come un prezioso strumento di lavoro per chi si occupi di storia della fotografia e di storia della divulgazione scientifica. Lo studioso di incisioni potrà ugualmente trarre vantaggio dalla lettura del volume, ma non farà a meno di notare che le didascalie di molte wood engravings sono prive del nome dell’artista che le ha realizzate, anche in casi in cui l’incisione è firmata (si veda, ad esempio, il Fusil photographique di Louis Poyet, ill. 4.20). Questo potrebbe essere proprio il punto di partenza per una successiva indagine, che prenda maggiormente in considerazione il ruolo degli artisti che incidevano «from a photograph».