Disponibile su «Horti Hesperidum» il Museo di Don Pedro Franco Dávila (1767-68)

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Qui di seguito si riporta la Prefazione di Carmelo Occhipinti al volume di Jean Baptiste-Louis Romé de l’Isle, Collezione Davila, edito a cura di Simone Capocasa, con Saggi introduttivi di Beatrice Palma Venetucci e Simone Capocasa, per la collana Fonti e Testi di Horti Hesperidum, Roma, UniversItalia 2017.

Le odierne specializzazioni disciplinari, che il più delle volte affliggono la ricerca umanistica anziché produrre conoscenza, finiscono col precluderci i più vasti orizzonti del sapere e della storia: orizzonti verso i quali, invece, ambivano ancora a orientarsi in età illuministica gli studiosi, scienziati, viaggiatori o semplici ‘amatori’, attratti dalle culture e dai mondi extraeuropei, insomma dalle civiltà per così dire extra-classiche. Non si trattava, infatti, solo di rivolgere le loro prime attenzioni scientifiche – e collezionistiche – verso le età della ‘decadenza’ post-antica, in particolare nei riguardi del medioevo (si vedano a questo proposito, all’interno della collezione enciclopedica di don Pedro Franco Dávila [1767-1768], quegli oggetti ormai solitamente definiti come «gotici» che vi si trovavano messi sullo stesso piano di oggetti appartenenti ad epoche e civiltà diverse); né si trattava solo di approfondire la conoscenza delle civiltà pre-classiche, specie di quelle etrusca ed egiziana che nel secondo Settecento suscitavano un fascino immenso; ma infine si trattava di guardare ai nuovi mondi, alle Americhe e al vastissimo Oriente, all’Islam, all’India, alla Cina, al Giappone.

È vero che un così vasto allargamento delle curiosità e degli interessi di ricerca stava portando, già lungo il Settecento, alla nascita dei primi musei ‘universalistici’: a Londra come a Parigi e a Berlino, tali musei miravano in sostanza a rafforzare l’idea di una superiorità occidentale sul mondo intero, cioè di una superiorità della cultura greco-romana e, dunque, rinascimentale sulle altre culture, delle quali il museo esibiva i reperti spesso indebitamente strappati ai popoli e ai luoghi di origine.
Però la questione è ancora oggi molto delicata, e di grave attualità. Gli umanisti di oggi, gli archeologi come gli storici dell’arte non dovrebbero permettersi di trascurarla, nascondendosi dietro gli steccati disciplinari entro i quali il sistema accademico ci costringe.

L’inventario della raccolta Dávila, redatto per iniziativa di Romé de
l’Isle nel 1767-1768 prima che ne avvenisse la dispersione, è ora finalmente disponibile, e liberamente accessibile on line, nella biblioteca elettronica di Horti Hesperidum grazie all’impegno di Simone Capocasa, archeologo formatosi a Tor Vergata, e grazie alla partecipazione degli studenti che hanno frequentato il mio Laboratorio di Fonti per lo Studio della Storia dell’Arte. Testo ricchissimo e di lettura gradevole, utile anche solo da consultare secondo i più disparati interessi scientifici, archeologi o storico-artistici, l’inventario ci restituisce un’idea davvero impressionante dell’ingente patrimonio di oggetti, Naturalia ed Artificialia, raccolti da Dávila e da lui poi in gran parte donati a re Carlo III, che li destinò al Real Gabinete de Historia: ragion per cui essi si trovano oggi conservati nel Museo Arqueologico National de Madrid, come Capocasa e Beatrice Palma Venetucci hanno accuratamente dimostrato nei loro saggi di introduzione al presente volume. Ma per diversi di quegli oggetti lo stesso Dávila vantava una provenienza illustrissima, nientemeno che dalla famosa collezione del conte di Caylus il cui Recueil, letto in parallelo con l’inventario Dávila, ha consentito a Capocasa e alla Palma Venetucci svariate, preziose identificazioni. C’è ancora molto da lavorare sugli oggetti rinascimentali e seicenteschi, sulle stampe, sulle statuette, sui quadri, per non parlare di tutte le curiosità naturalistiche, tecnologiche (penso per esempio all’utilizzo della camera oscura) e mineralogiche, pur sempre coltivate da Dávila all’insegna di un’enciclopedica unità del sapere. Ma, intanto, un primo passo importante lo abbiamo fatto: ciò che più conta è che siano stati i nostri studenti a farlo, dedicandosi loro stessi all’edizione elettronica di un testo così ricco che ora è destinato a circolare anche sul web.

[Carmelo Occhipinti]

Prefazione-Occhipinti

 

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